Fuori dalle b*lle
Un grande tema di questi giorni è la “censura” dei social al Presidente uscente del più importante stato occidentale. Il dibattito si è concentrato molto sull’aspetto di censura, sul potere che hanno i social di zittire o influire sul nostro accesso alle informazioni.
Gli algoritmi personalizzano e rendono sempre più uniche le nostre esperienze sul web (se ne parla da un po'...): non pensiamo solo ai social, ma ogni esperienza online è ormai influenzata non solo riguardo alle pubblicità che ci vengono proposte, ma nella vera e propria fruizione: i risultati di Google, i video proposti da Youtube o Netflix, le canzoni di Spotify (siamo ancora in grado di scoprire nuova musica?).
Il rischio reale è di rimanere sempre più in quella che viene chiamata la “bolla”, dove accadono fenomeni strani: l’esito dell’ultima votazione oppure se e quanto sono affidabili i vaccini diventano argomenti nei quali sprofondiamo in una informazione che conferma quello che sappiamo già.
Un altro effetto collaterale molto importante è che anche il confronto tra persone sta diventano sempre più difficile: se abbiamo una base informativa diversa non saremo in grado di comprendere le ragioni dell’altro perché non ci siamo mai imbattuti in quella “versione” dei fatti.
Uscire dalla propria bolla sta diventando un esercizio di sopravvivenza e ancora di più un esercizio necessario come società sempre più complessa per riconquistare un modo pacifico di convivere, altrimenti diventa complicato affrontare la realtà che può diventare spiazzante ed alienante, alimentando anche fenomeni di rabbia e devastazione.
Il tema, a mio avviso, non è quindi solo del potere dei social ma della necessità di una società di riconquistare la capacità di guardare il mondo nella sua interezza e complessità: solo riappropriandoci di questa abilità possiamo “tollerare” i social, perché gli algoritmi saranno nostri complici.
Ci sono diversi modi per fare ogni tanto un “giro fuori”. Riportiamo di seguito i 3 suggerimenti che vi consigliamo di approfondire (ce ne sono altri 4!) da questo bell’articolo pubblicato su Centodieci:
- Facciamo ricerche su Google in incognito (che vuol dire senza i filtri che personalizzano le ricerche)
- Iscriviamoci ad almeno una newsletter con punti di vista diversi (ma ben scritte e di qualità!)
- Mettiamo in discussione una cosa di cui siamo convinti, anche pubblicamente. In Italia noi non facciamo gare di retorica a scuola, ed è un gran peccato. Facciamole sui social, anche dichiarandolo. Provare a sostenere un punto di vista opposto al proprio è un gran bell’allenamento.
Annoto a questo proposito che è buffo pensare come la parola “algoritmo” derivi dell’arabo e proprio gli algoritmi stiano mettendo in crisi il mondo occidentale. Sarebbe ora che qualcuno ci facesse su una bella teoria della cospirazione! Anche questo potrebbe essere un primo esercizio...
Una soluzione radicale e smanettona per uscire dalla bolla l’ha invece messa in pratica Max Hawkins, un “artista nomade e computer scientist”, che ha lasciato che un programma per computer randomizzato determinasse il corso della sua vita. Tutto, da ciò che mangiava e la musica che suonava fino alla città in cui viveva, era determinato dal capriccio del computer. Il randomizzatore lo ha mandato ovunque, da un centro commerciale in Giappone a un allevamento di capre nella Slovenia rurale.
E voi, sareste pronti per vivere una vita dettata da un algoritmo?
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