Erasmus+ Toy Hacking 2
ERASMUS +
REPORT MOBILITA’ - Sibilla Betti
dal 03/07/2023 al 07/07/2023
Hosting organization: Buinho Associação - Portogallo
Progetto 2023-1-IT02-KA121-ADU-8E18DF3A
Workshop Toy Hacking
Nella settimana dal 3 al 7 luglio 2023 ho avuto il piacere di partecipare al progetto Erasmus + come collaboratrice del We Do FabLab di Omegna. Con altri due collaboratori, Paola Mignosi e Stefano Rondi, abbiamo frequentato il corso di Toy Hacking proposto dal FabLab Buinho presso la sua sede di Carcavelos, una località di mare vicinissima a Lisbona.
Esperienza coinvolgente che ha dato davvero tanto sotto diversi punti di vista ampliando le conoscenze tecniche personali con un percorso di toy hacking da cui si può facilmente trarre spunto per sviluppare diversi percorsi e laboratori per adulti, bambini e ragazzi, facendo conoscere una realtà interessante come quella del FabLab Buinho e del contesto storico-culturale a cui appartiene e, non ultimo, mettendoci in contatto con altri motivati educatori europei.
La sede di Carcavelos del FabLab si compone di due vani: dalla strada si accede direttamente ad una stanza dove la prima mattina ci siamo riuniti per le presentazioni, da qui una scala conduce al piano di sotto dove si trova la seconda stanza, molto più ampia. Nel pomeriggio, scesi in questa seconda stanza, abbiamo trovato una postazione a testa allestita con tutto il materiale necessario per lavorare sui circuiti elettrici dei giocattoli che ci aspettavano su un tavolo a parte. Carlos ci ha invitati a prendere un giocattolo a testa, capire perché non funzionasse e provare ad aggiustarlo. Restituzione: quest’attività palesa le conoscenze di ognuno sull’elettronica di base e le capacità di utilizzo dei vari strumenti, in particolare saldatore e multimetro, permettendo così di calibrare eventuali attività successive sul livello dei partecipanti o di organizzare la formazione di gruppi di lavoro. La critica che è emersa, pensando soprattutto agli allievi a cui potremmo riproporre un’attività di questo tipo, è l’impossibilità di operare se non si hanno almeno i primi rudimenti di elettronica. Nel nostro gruppo alcuni partecipanti più esperti hanno aiutato i meno esperti. Qui viene infatti richiesto di intervenire su un lavoro già fatto da altri e questa è sempre un’attività con un certo livello di difficoltà. L’elettronica di base e le tecniche di saldatura: avevo già qualche nozione di elettronica, ma da autodidatta e finalizzata alla preparazione di attività con bambini, quindi molto lacunosa. In questa attività mi ha dato particolare soddisfazione risolvere una misconoscenza che avevo fin da bambina riguardo l’ossidazione dei circuiti e fare un po’ di pratica con il saldatore che sino ad ora avevo usato pochissimo, tutte cose rese possibili dal supporto di colleghi più esperti.
Il secondo giorno di corso abbiamo messo da parte i giocattoli riparati, che verranno devoluti a qualche associazione locale, e ricavato qualche componente interessante per hackerare il prossimo giocattolo da quelli che non siamo riusciti a riparare.
Da un punto di vista ecologico aggiustare e riutilizzare sono i primi due passaggi per affrontare in modo intelligente il problema dei raee: se possibile e utile si cerca di ripararli, altrimenti si smontano per recuperare i componenti ancora funzionanti. Gli altri componenti e le parti strutturali si possono riutilizzare in modo creativo, attività con cui si può organizzare un altro tipo di laboratorio proponibile in realtà come quelle dei FabLab, o infine separare i materiali per il riciclo.
Ci sono stati consegnati dei peluches, uno a testa, i componenti per creare un circuito per una cassa bluetooth (amplificatore, cassa, etc…) e un manuale cartaceo con le istruzioni per assemblare il circuito con cassa, amplificatore e bluetooth. Ognuno di noi ha costruito il circuito e l’ha inserito nel peluche. È stato però più un esercizio a seguire delle istruzioni che non ha portato, almeno nel mio caso, a comprendere davvero a fondo come funzioni un circuito di questo tipo. Io personalmente ho poi avuto un po’ di problemi… per iniziare ho scelto un modello di interruttore esteticamente interessante ma che poi si è rivelato non essere adatto al circuito che volevo costruire, inoltre, sostituito il modello di interruttore e completato il lavoro, il volume della musica che usciva dalla mia cassa era davvero troppo basso! Abbiamo provato con un altro cellulare e poi a sostituire uno ad uno i diversi componenti per vedere se ce ne fosse uno difettato. Dopo un lungo lavoro abbiamo scoperto che era un problema dei due cellulari con cui avevo fatto i test, erano gli unici due cellulari in tutto il corso che il modello di amplificatore a disposizione non amplificava. Riflettendo su questa attività trovo che sia molto interessante perché adattabile a diversi gruppi di allievi. L’hackeraggio dei peluches è una buona idea per lavorare anche con bambini relativamente piccoli, diciamo dai cinque anni in su, mentre per usare giocattoli elettronici, anche semplicemente giocattoli con interruttori e pulsanti a cui associare attuatori differenti da quelli previsti, si deve pensare ad adulti o adolescenti. Anche quella con i peluche è già un’attività che si può riproporre modulando la difficoltà integrando nel peluche diversi tipi di circuiti, a partire dall’uso di led e/o cicalini fino ad arrivare a un lavoro come quello che abbiamo usato noi. Per adattarla ai bambini più piccoli si potrebbe anche studiare un sistema per evitare l’uso del saldatore.
Molto interessante è stata anche l’attività di giovedì 6 centrata sui micro:bit per l’ultimo step del percorso: il digital hacking! Dopo una breve presentazione di queste semplici ma potenti schede per la prototipazione, Carlos ci ha dato qualche esercizio da svolgere programmando direttamente su Makecode. Partendo da esercizi molto semplici, pensati anche per chi i Micro:bit non li aveva mai visti, siamo arrivati a controllare servo motori utilizzando un componente che permette di alimentarli con 4,5 volt controllandoli però con il Micro:bit. Restituzione: è stato un lavoro interessante che si può riproporre a diversi livelli di difficoltà, per riproporre la parte sul controllo dei servo motori bisogna tener conto del costo dei materiali, a meno che non si pensi ad attività in cui gli allievi non si possano portare a casa quanto hanno costruito. Anche a noi è stato chiesto di integrare il circuito con i Micro:bit nel nostro peluche, ma poi abbiamo dovuto smontarlo per restituire un componente a causa del costo. Personalmente ho conosciuto i Micro:bit diversi anni fa e mi sono piaciuti molto sin dal principio, l’idea di utilizzarli in questo modo per controllare servo motori invece mi è del tutto nuova e l’ho molto apprezzata.
Non meno interessante è stata l’ultima giornata, quella di Venerdì 7, in cui Carlos ha concentrato tutta la parte teorica, anche riguardo alla metodologia, e ha presentato interessanti progetti futuri come quello di mettere in contatto tutti gli educatori che prendono parte ai diversi corsi che sta proponendo quest’estate.
Per concludere ha poi chiesto ad ognuno di noi una riflessione per condividere se, cosa e come pensasse di utilizzare di quanto visto in questo corso. Tutti pensano di riproporre in parte quanto visto e si sono detti certi dell’entusiasmo dei propri studenti, ma in generale sono emerse perplessità sul livello di competenze necessarie per fare il percorso completo e soprattutto sul partire così tanto dal fare senza avere un minimo di preparazione teorica, metodologia in cui invece Carlos mi è sembrato credere molto.
Riguardo le metodologie da utilizzare nei laboratori, Carlos ha presentato metodologie che puntano molto a dare spazio alla creatività, alla libera iniziativa e con un’impronta fortemente inclusiva. Ha infatti parlato di “project base learning”, dove si propone una situazione problema reale (in stile “Coolest Projects”), di “STEAM”, sottolineando come l’arte si sia imposta in secondo momento grazie alla reale centralità del suo ruolo, di “design thinking”, come modalità di lavoro in continua evoluzione dove quello che sembra essere un traguardo diventa una tappa del percorso o addirittura un punto di partenza, e “toy hacking” all’interno del learning by play. Sono tutte metodologie attive a cui far riferimento nella pianificazione di un percorso, passando dall’una all’altra e lasciandole contaminarsi tra loro per adattarle di volta in volta al lavoro che si vuole proporre.
Io personalmente mi trovo concorde sulla perplessità generale e sono certa che, quantomeno se dovessi condurre io l’attività, riuscirebbe meglio con una piccola introduzione teorica ma molto partecipata; penso ad un’impostazione più alla Munari. Ho poi proposto di organizzare una settimana simile per ragazzi: ogni educatore arriva con un gruppetto di ragazzi e si formano gruppi di diverse nazionalità che lavoreranno in inglese. L’idea piace a Carlos e non è nuova, altri docenti che hanno frequentato corsi prima di questo hanno fatto la stessa proposta.
Nei prossimi mesi, assieme a Stefano Rondi e Paola Mignosi, parteciperò ad un incontro organizzato dal WeDo FabLab in cui verranno presentate tutte le mobilità Erasmus+ per condividere quanto appreso in questa settimana con gli altri collaboratori e non solo.
Stiamo inoltre organizzando un workshop di una giornata in cui proporre un percorso di Toy Hacking in cui i partecipanti costruendosi una cassa bluetooth integrata in un peluche saranno introdotti all’affascinante mondo dell’elettronica, all’uso del multimetro e del saldatore.
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